martedì 24 gennaio 2017

Bhagavathi

Laboratorio Ayurveda
L'avventura continua, questa volta siamo in pieno giorno e dalle foto si può capire l'intensità del momento.
Siamo arrivati al limite della giungla in mezzo alle risaie fuori da Bathery per assistere a un rituale volto ad invocare una divinità femminile molto potente. Arriviamo e subito sono presa da un signore che mi accompagna facendomi passare in rassegna i posti salienti: la zona del tempio dove vedo la figura della Dea da invocare, la zona dove si dà il Prasad (l'offerta di cibo) ai partecipanti, e la grande piazza centrale dove si terranno i festeggiamenti.
Appena riesco ritorno al mio gruppo in mezzo a sguardi di centinaia di persone, non è così comune per loro vedere occidentali da queste parti. Se non arrivi come ospite di una nativo è difficile accedere a questi rituali e festeggiamenti.
Non passano neanche cinque minuti che vengo presa da un Swami molto chiacchierone ed interessato a spiegarmi come si svolge la festa, con poche parole in un inglese solo abbozzato e con tanti gesti...
Mi porta a pregare intorno al piccolo tempio in alto sulla collina, poi mi spinge in avanti per ricevere il riso che si offre ai partecipanti, riso che ha significato di passaggio di energia dalla divinità invocata, attraverso la figura in trance, verso tutti i presenti. 
Laboratorio Ayurveda
Vivo momenti ed emozioni forti, e sento del rispetto (e forse anche un po' di paura) verso queste figure così potenti, sarà per i costumi che indossano per l'occasione, per il fatto che si muovono seguendo ritmi pazzeschi, tanto da dover essere tenuti da due uomini quando il flusso di energia che ricevono diventa troppo forte.
Il procedimento è sempre quello spiegato nel post precedente, 41 giorni di preparazione, per arrivare a uno stato dove la tua mente viene sostituita dall'energia della divinità invocata.
Tra la folla incappo proprio nella moglie di uno degli uomini "in trance" e mi pare molto tranquilla e rilassata, mentre io mi rendo conto che comincio ad essere un po' preoccupata per l'uomo che da ore balla e grida con gli occhi sempre fissi e lo sguardo che sembra passarti da parte a parte.
Mi spiegano che loro dopo la funzione non ricordano nulla e che riprendono la loro vita come se niente fosse.
Guardo attentamente i costumi e la maschera facciale che il viso acquista con il trucco ed i supporti che sostengono le guance. Hanno qualcosa di selvatico che solo le tribù hanno saputo proteggere e tramandare per miglia di anni. E mi viene la domanda; "se qua arriva in qualche modo la globalizzazione che ha trasformato l'Occidente come si manterrà tutto questo?"
Per il bene di tutti noi (e anche loro) mi auguro che questo non succeda mai.

Vedendo loro capisco che più ci si allontana dalla nostra vera natura travolti da impegni e lavoro, informazioni e stimoli inutili, necessità molte volte neanche vere, più saremo disconnessi e infelici pur avendo tutto il comfort del mondo.
Osservo molto come si relazionano tra loro, sereni, tranquilli con il massimo rispetto l'uno per l'altro e ho quasi paura a tornare al nostro traffico e prendermi o dire delle parolacce perché non sempre le cose vanno come pretendiamo.
Il nervosismo e la fretta che respiro e vivo a casa mi spaventa, so dall'esperienza che per un po' di tempo riuscirò a mantenere la serenità che l'India mi dà; dopodiché o ripartirò di nuovo o praticherò le discipline che ho imparato qua giorno per giorno per mantenere quello che ho raggiunto tornando indietro nel tempo in questo viaggio: il contatto con me stessa.

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